Il Caso Gallo

fotoAvola in laboratorio, Il caso Gallo quarant’anni dopo, Libreria Editrice Urso,
Avola 1997, 8°, pp. 52, ill., 3,00
– ISBN 978-88-6954-252-7
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Un caso di ingiustizia che attirò l'attenzione dell'opinione pubblica nazionale e portò delle notevoli modifiche al codice penale in vigore in quegli anni.

Con questo primo quaderno iniziammo una collana che sin dall'inizio ha registrato le tensioni civili presenti nel nostro territorio.

Il tema oggetto del quaderno, è un clamoroso errore giudiziario, che venne affrontato in un dibattito pubblico il 16 dicembre 1995 nel foyer del Teatro Comunale di Avola, dalla locale associazione AVOLA IN LABORATORIO. Relatore della serata fu l'avv. Piero Filloley, che a suo tempo fu l'avvocato di Salvatore Gallo, condannato poi ingiustamente all'ergastolo, e liberato dopo quasi otto anni di carcere a Ventotene.

Riportiamo qui di seguito alcuni interventi registrati in quel dibattito e nel quaderno.

Giustizia relativa e scrittura che vince

di Francesco Urso

(Alle pagine 36, 37, 38 e 39 del quaderno "IL CASO GALLO")

Quando, alla fine degli anni Cinquanta, accaddero i fatti che poi avremmo definito "Il caso Gallo", per l'età che avevo (otto anni) non sapevo far altro che immaginare impossibili e fantasiosi nascondimenti dove avrebbe potuto trovar rifugio la falsa vittima di una grave storia accaduta nel territorio di Avola.

Più tardi lessi d'un fiato il volume di Piero Fillioley sul caso, con il piacere che solitamente si prova per i grandi capolavori.

Mi colpì, fra l'altro, quel richiamo a Bruno Cassinelli, all'inizio del libro, a proposito della relazione esistente fra ingiustizia subita dall'individuo e progressivo avvelenamento della società.

Un'ulteriore consapevolezza sulla relatività della Giustizia, oltre a tanti episodi di cronaca quotidiana, me la diede Teocrito Di Giorgio che nella sua commedia inedita Le manette riportava, a quasi prefazione, questo singolare passo del Fu Mattia Pascal di Pirandello: Se noi riconosciamo che errare è dell'uomo, non è crudeltà sovrumana la giustizia?.

Il Di Giorgio in quest'opera arrivava anche a suggerire per giudici e avvocati un apprendistato in carcere, come reclusi, prima dell'esercizio della professione.

Piero Fillioley opportunamente si chiede se l'umanità sia davvero consapevole del valore del giudicare.

Mi sembra proprio che non sempre ciò accada.

Anzi potrebbe dirsi che la giustizia risulta essere sempre condizionata dal clima culturale e dal senso di civiltà del tempo che si attraversa, nel bene e nel male.

In sostanza una giustizia relativa.

Il caso ci ha messo di fronte ad una sconfitta, che chiaramente non è quella di Piero Fillioley.

Il clima ostinato nei pregiudizi e nelle presunzioni, I'inquisitore visionario portavano ad una consequenziale caduta della ragione.

Nessuno può alleviare la lacerazione dell'avvocato-scrittore, la sua solitudine e la sua angoscia.

A noi non resta che pensare alle ragioni, alle responsabilità di altre sconfitte passate, presenti e future.

È necessario il quadro d'insieme, senza alcun muro di pensiero. È libera-torio!

Altri in forme diverse s’interessarono al caso, prima di tutti noi: Enzo Asciolla, nel 1989, con I gialli di Sicilia ed Enzo Catania poi, nel 1990, con Sono innocente. È col primo che si verifica, anche se in forma velata, il confronto scrittura-potere giudiziario.

Asciolla da cronista diventa caparbiamente detective, aggiungendo un surplus alla sua ricerca

Ci ricorda quell'altra trasformazione di E. Zola, che a fine Ottocento si mutò in cronista, tribuno, predicatore, profeta, tecnico di foro persino, utilizzando anche lui il valore civile della scrittura militante.

E la scrittura ha sempre accompagnato nell'immaginario collettivo il lavo-ro dell'intellettuale.

Asciolla, che scriveva su La Sicilia, possedeva un alto indice di media cover. La potenza dei mezzi a sua disposizione e la certezza che nessuno venisse più arrestato per aver detto il vero, gli procurarono parecchi collaboratori di verità, e fra costoro ebbe un ruolo importante una maestra, una maestra di scrittura. Circoscritto il territorio dove la falsa vittima girovagava con atteggiamenti di dubbio smemoramento, alla fine si scovò il "morto-vivo", l'ossimoro che aveva appassionato le nostre fantasie. Il cliché tipico della nostra tradizione culturale, Caino e Abele, Romolo e Remo, veniva smontato e ristabilita la ragione in quest'altro "teatro della memoria", che è il nostro passato, presente e futuro.

In questo contesto mi è mancata la possibile scrittura del fratello più grande dei Gallo, Giuseppe, che in tutta la vicenda rappresentò, oltre che il coraggio, la coscienza positiva.

... Enzo Catania è l'ultimo a tentare una storicizzazione del caso attraverso la ricostruzione di questo e altri clamorosi errori giudiziari. Ci dà particolari sulla liberazione di Salvatore e, andando oltre il campo prettamente giudiziario, come in un romanzo, introduce la singolare storia d'amore del nostro protagonista, storia arrivata - dulcis in fundo - ad attenuare la sua sofferenza e, a posteriori, la nostra.

"Uscito da Ventotene e tornato a casa, Salvatore disse agli amici che voleva una moglie che badasse a lui e al figlio Paolo, visto che Sebastiano si era nel frattempo sposato. [...] Così arrivarono i fiori d'arancio. E Rosa Graziano seguì Salvatore Gallo nella casa di Testa dell'Acqua". (ENZO CATANIA, Sono innocente, Milano, Longanesi, 1990, p. 154).

Ci parla pure di un'ulteriore condanna inflitta a Salvatore Gallo, dopo di quella dell'ergastolo fortunatamente sospesa dopo quasi otto anni di carcere a Ventotene. Infatti, in un successivo processo, quella giustizia e quel potere lo condannarono a circa quattro anni di carcere, per un non provato colpo di bastone dato al fratello Paolo, il morto vivo. Quanti di noi ci saremmo lasciati scappare l'occasione di pareggiare il conto con quella giustizia, per gli otto anni di carcere subiti da Salvatore Gallo, con un concreto - e questa volta provato! - colpo di bastone?

Tu a chi l'avresti dato? ...

Francesco Urso

I QUADERNI DELL'ORSO

Opuscoli e libri sui dibattiti più importanti e sugli eventi che hanno animato gruppi diversi operanti ad Avola; testimonianza di una società con molti fermenti e in evoluzione verso livelli superiori di coscienza civile, documentano la sua inquietudine e il forte desiderio di consapevolezza dei suoi componenti e, anche, la speranza di contare meglio e di più. La figura dell'Orso ne osserva gli sviluppi.

1) Avola in laboratorio, Il caso Gallo quarant’anni dopo, 1997, 8°, pp.52,ill., 3,00compra

2) Masci-Agesci-Caritas, Avola chiama i bambini di Chernobyl, 1998, 8°, pp.84,ill., 4,50compra

3) Avola in laboratorio, Legalità e trasparenza negli EE.LL. (a cura S. Bianca) 1999, 8°, pp.153, 8,26compra

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